Inquadramento ornitologico-morfo ecologico

La Beccaccia Scolopax rusticola, Linnaeus, 1758, (etimologicamente “palo puntuto campagnolo”) è specie monotipica del vecchio continente; dello stesso Genere Scolopax ne esistono altre 7 specie: una nord-americana, migratrice, e 6 delle isole del sud-est asiatico, sedentarie.

Tutte fanno parte del vastissimo Ordine sistematico dei Caradriformi (che comprende sia i gabbiani che tutti i limicoli) e alla Famiglia Scolopacidi (insieme a beccaccini, chiurli, pittime e piro-piro).

A prima vista può sembrare un uccello strano, tozzo ed aerodinamico al contempo, delle dimensioni di un piccione, con grandi occhi scuri, più da mammifero che da uccello, posti anormalmente in alto e indietro, con una visione praticamente circolare, che spingono il cervello in basso e le aperture auricolari in basso e in avanti, da risultare sotto l’occhio e quasi alla base del becco che è lungo circa 7 cm (variabile da 6,3 a 8 cm). La sensibilità all’apice del becco è dovuta al un gran numero di corpuscoli, recettori tattili, che riconoscono la preda sottoterra, i cui movimenti sono individuati anche con l’udito (che risulta raso terra) e forse anche con l’olfatto, e che viene “pinzata” grazie ad uno straordinario sistema di muscoli e leve ossee che ne permette l’apertura solo in punta, mentre è piantato nel suolo.

Il colore d’insieme è perfettamente adattato al sottobosco, dove passa la maggior parte del suo tempo, con le parti dorsali, più scure e screziate (nero, varie tonalità di bruno e grigio), la rende praticamente invisibile ferma a terra, mentre il ventre, beige chiaro, finemente barrato, in volo la confonde con il cielo tra i rami (difesa dai predatori). Sul capo spiccano 4 fasce trasversali nere che le conferiscono un aspetto caratteristico insieme alla linea scura che dalla base del becco va all’indietro attraverso gli occhi. Tuttavia questa livrea, piuttosto dimessa, risulta assai elegante ed individualmente molto variabile, sia pure nei particolari.

Si sottolineano in proposito le molte anomalie di colore determinate per lo più dall’assenza e/o diluizione dei pigmenti (eumelanine = neri; feomelanine=bruni; giallo/rossicci=carotenoidi) dovute a mutazioni a livello di tutte o di parte delle cellule somatiche. Ne derivano beccacce totalmente bianche (assenza di pigmenti), bianche parzialmente (a tacche, le più comuni), bianche punteggiate di zone nere (in Francia le chiamano “beccacce-gazze”), beige con disegni scuri più a meno visibili (se neri= pastello; se bruni =” isabella”…dal colore della camicia da notte della Regina Isabella di Castiglia che non si cambiava mai per un voto e pertanto divenuta di quella tinta!). Più rare le beccacce “melaniche” con aumento, su vaste aree del piumaggio, delle eumelanine tale da sembrare quasi nere.

A differenza di altri componenti la stessa famiglia (Scolopacidi), di zone aperte e in parte “umide” (es.praterie allagate, spiagge sabbiose), la beccaccia, silvicola e di terreni più asciutti, ha zampe corte, con penne che ricoprono totalmente il tibio-tarso (parzialmente nudo nelle altre specie).

Potente volatore: sono noti soggetti che hanno percorso, nella sola migrazione prenuziale, quasi 6500 km (alcuni individuati dalle riprese avvenute a partire dalle decine di migliaia di soggetti inanellati e da altri 4 facenti parte della trentina di beccacce recentemente radioequipaggiate nei quartieri di svernamento europei occidentali di Spagna, Inghilterra, Italia), giungendo in territori di nidificazione della Siberia occidentale, oltre gli Urali; in media comunque coprono circa 2-3000 km in ciascun viaggio di andata o di ritorno. A fronte di questi esistono popolazioni quasi sedentarie in Francia, Gran Bretagna e nelle Isole Canarie e Azzorre. Dall’analisi delle sue ampie e lunghe ali si può ricavarne un indice d’età basato sullo stato di muta (giovani dell’anno e adulti nati gli anni precedenti) che influisce sulla forma, colore ed usura di alcune penne.

La corta coda può esser aperta a ventaglio (fa la ruota) in certe occasioni emotive della sua vita (di fronte ad un pericolo, in incontri tra i sessi) mettendo in forte risalto gli apici inferiori bianco lucenti e appuntiti quasi a mostrare una chiostra di denti (deterrenza?).

La beccaccia è nidificante precoce (in Europa occidentale ha un massimo a fine marzo, che scivola a fine aprile nei territori russi, chiave di volta del fenomeno); nel suo vastissimo areale riproduttivo (nelle zone idonee tra l’Atlantico ed il Pacifico attraverso tutta l’Eurasia settentrionale) i maschi dominanti, arrivati prima in primavera, occupano i territori migliori (dove convergono anche le femmine) sui quali si esibiscono giornalmente, ai crepuscoli, in una parata nuziale aerea (a significato sessuale e territoriale), molto tipica ed utile ai ricercatori per censire annualmente il trend delle popolazioni nidificanti. Questo comportamento viene definito con nomi specifici nei diversi Paesi: in Europa occidentale viene comunemente adottato il termine francese “croule”, onomatopeico del principale verso (gracchiante, quasi di ranocchia con raucedine) emesso  di continuo dal maschio in queste occasioni, segue il termine inglese “roding”, quello russo “tijaga”(la grande Russia può, a ragione, essere definita “la Grande Madre delle beccacce”), quello tedesco “balz-flug”. L’accoppiamento avviene al suolo. Le 4 uova macchiettate di bruno vengono deposte in una semplice depressione del terreno, nel sottobosco; accudite solo dalla madre, schiudono dopo una ventina di giorni e i piccoli sono nifìdifugi, ma l’alimentazione è, nei primissimi  giorni,  loro presentata dalla madre; il loro becco cresce in modo allometrico e ad una quarantina di giorni hanno aspetto pressocchè definitivo  e sono indipendenti.  La madre, in particolari emergenze, può trasportare i pulcini in volo, per brevi tratti, trattenendoli stretti contro il ventre fra le cosce.

Gli individui sono estremamente fedeli ai loro territori di svernamento (che vanno dalle coste del Mar Mediterraneo e Nero a tutta la facciata atlantica fino a Gran Bretagna e Irlanda), cercando di sfuggire al loro peggiore nemico (il gelo prolungato ed intenso) che ne può elevare la mortalità per fame, dopo una settimana circa di digiuno!

La beccaccia infatti è un migratore definibile “climatico” influenzato dalle condizioni meteo, e pertanto i percorsi medi risultano ridotti e tardivi in autunni e inverni miti grazie alla prolungata reperibilità di nutrimento. Inoltre i suoi spostamenti non oltrepassano l’Equatore e ad occidente si fermano a nord del Sahara mentre ad oriente le popolazioni siberiane possono raggiungere l’Indocina.

La migrazione autunnale si svolge su vasto fronte, sul quale tuttavia si possono evidenziare flussi di maggior concentrazione che possono favorire o contrastare lo scorrimento verso i quartieri di sverno ( es. lungo coste marine, vallate di grandi fiumi, di importanti catene montuose).

In Europa occidentale le suddette fasce principali (NE-SW) che dalla Russia portano alla facciata atlantica (e poi dalla Gran Bretagna all’Africa settentrionale, attraverso Francia e Penisola iberica) transitano più concentrate a nord e a sud del Baltico e del Mare del Nord, ma con altri “corridoi” che interessano l’Italia e, più direttamente nord-sud, i Balcani e l’Asia minore.

La risalita primaverile tende ad essere più diretta e si svolge da metà febbraio a fine aprile, ovviamente con picchi diversi a seconda delle destinazioni e delle località di osservazione.

L’enorme interesse venatorio, aumentato nei recenti decenni in Europa in seguito alla diminuzione drastica di molte specie cacciabili con il cane e facilitato dalla semplificazione degli spostamenti trans-nazionali, si traduce in una pressione di caccia, e pertanto in un prelievo calcolato in Europa nell’ambito di una “forbice” annuale di 3-5 milioni di individui, creando la premessa per un’inderogabile messa a punto di un sistema di monitoraggio del trend delle popolazioni e del successo riproduttivo annuo su cui calibrare i prelievi. Cosa non molto semplice, sulla quale si stanno arrovellando ricercatori e appassionati cui sta a cuore la gestione conservativa di questo patrimonio.

In Santuario della Beccaccia di Vormsi  ben si inserisce nel quadro.